AMBIENTE E DIRITTI UMANI NELLA SENTENZA DELLA CORTE DI STRASBURGO SUL CASO ILVA Nota a C. eur. dir. uomo, sez. I, 24 gennaio 2019, Cordella e altri c. Italia di Stefano Ziruli
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AMBIENTE E DIRITTI UMANI NELLA SENTENZA DELLA CORTE DI STRASBURGO
SUL CASO ILVA
Nota a
C. eur. dir. uomo, sez. I, 24 gennaio 2019, Cordella e altri c. Italia di Stefano Zirulia
S OMMARIO
:
1.
Introduzione.
–
2. I ricorsi degli abitanti di Taranto.
–
3. La pronuncia della Corte europea.
–
3.1. Le questioni di ricevibilità (in particolare, il divieto di
actio popularis
e la qualità di “vittime” dei
ricorrenti).
–
3.2. Le statuizioni di merito.
–
4. Ambiente e salute: la prospettiva della responsabilità dello
Stato per violazione dei diritti fondamentali.
–
5. La dimensione
“green”
dei diritti fondamentali: problemi
aperti nella giurisprudenza di Strasburgo.
–
6. L’incerto confine tra il diritto al
la “vita” ed il diritto alla “vita
privata”.
–
6.1. L’ambito di applicazione degli articoli 2 e 8 Cedu in materia di attività produttive pericolose:
principi e casistica.
–
6.2. La rilevanza dell’opzione a favore dell’art. 2 o dell’art. 8 Cedu.
–
6.3. Crit
ica alla
sentenza
Cordella
in punto di applicabilità dell’art. 8 Cedu e argomenti a sostegno dell’applicabilità dell’art.
2 Cedu.
–
7. Verso un autonomo diritto ad un ambiente sano?
–
8. Conclusioni.
Abstract.
Con la sentenza Cordella e altri c. Italia la Corte europea dei diritti dell’uomo è
intervenuta sul caso dell’Ilva di Taranto, ravvisando la violazione del diritto alla vita privata
(art. 8 Cedu) e del
diritto a un ricorso
effettivo (art. 13 Cedu) di oltre centosessanta persone
abitanti nelle aree limitrofe agli stabilimenti della nota acciaieria. Prendendo in esame da un
lato le evidenze epidemiologiche sulla situazione sanitaria delle popolazioni esposte, dall’altro
lato l
a normativa c.d. “salva
-
Ilva” emanata a partire dal 2012, il collegio ha ritenuto
all’unanimità che le autorità italiane non abbiano ad oggi saputo individuare un ragionevole
punto di equilibrio tra l’interesse dei singoli al “benessere” ed alla “qualità d
ella vita” e quello
della società in generale alla prosecuzione della produzione. La sentenza offre una prospettiva
nuova sull’annoso problema dei danni alla salute da esposizione a sostanze tossiche,
ravvisando la responsabilità dello Stato in una materia
che finora (quanto meno in Italia) è
stata per lo più appannaggio di procedimenti penali avviati nei confronti dei privati gestori
delle imprese. Allo stesso tempo, le statuizioni della Corte europea alimentano l’evoluzione in
senso “green” dei diritti fo
ndamentali sanciti nella Convenzione, suscitando nuovi
interrogativi e problemi esegetici densi di ripercussioni anche sul terreno del diritto penale (si
pensi all’estensione degli obblighi di incriminazione di condotte che offendono la vita e la
salute),
culminanti nella questione in ordine all’opportunità di riaprire il dibattito sulla
necessità di introdurre di un autonomo “diritto ad un ambiente sano”.
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